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Mamme troppo grasse: per i neonati sono guai

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Una donna su tre è obesa o in sovrappeso «Dimenticata la dieta mediterranea»

Oggi in Italia una su tre delle future mamme è obesa o sovrappeso «e questo è davvero il problema attuale, per le donne in gravidanza e per i bambini che nasceranno. Pare incredibile che nella patria della dieta mediterranea si debba parlare di questo». A dirlo è Irene Cetin, docente di Ostetricia e Ginecologia all'Università degli Studi di Milano, primario all'ospedale Buzzi e presidente della Società Italiana di Medicina Perinatale.

Dalla ricerca epigenetica, spiega «abbiamo evidenze molto forti dell'associazione fra lo stile di vita del genitore e gli effetti sulla salute del bambino. Fino a una ventina di anni fa ci si concentrava sui problemi alla nascita e sulle malattie a lungo termine, come quelle cardiovascolari o il diabete. Progressivamente, questa associazione si è allargata ad altre malattie: cancro, sindrome metabolica, ipercolesterolemia, alterazioni neuro comportamentali. E la prima correlazione è fra il maggior rischio di sviluppare malattie e il peso, che sia troppo basso o eccessivo».

Se queste relazioni si stanno studiano nei papà, per le mamme l'evidenza è maggiore. «Per la donna sicuramente. L'alimentazione deve essere il più possibile mediterranea, rispetto a quella cosiddetta occidentale: se ci si allontana, per le coppie aumenta il rischio di difficoltà al concepimento, per il bambino quello di nascere con basso peso, con gli effetti a lungo termine che ne possono derivare. Perchè la dieta mediterranea? Per la presenza di acido folico e di grassi polinsaturi e omega 3 rispetto a quelli saturi. Uno studio ha dimostrato che nei bambini di tre anni nati da mamme che in gravidanza hanno seguito un'alimentazione più ricca di omega 3 la massa grassa è inferiore, e sono meno propensi a sviluppare obesità». E gli altri stili di vita? «Come la dieta, anche fumo e alcol incidono durante tutta l'esistenza, ma nelle prime fasi di vita l'effetto è maggiore: quello del fumo, durante lo sviluppo dei polmoni in fase intrauterina, è massimo, e può essere immediato, causando alterazioni dello sviluppo, o manifestarsi quando la persona è adulta. La nicotina ha effetti diretti sulla placenta, porta a minore ossigenazione e al rischio di basso peso alla nascita. Oggi sappiamo che influisce anche sullo sviluppo dei reni: riduce il numero dei nefroni, la loro unità funzionale aumentando il rischio di insufficienza renale».

Quanto all'alcol la raccomandazione è di evitarlo: «Si diceva che un bicchiere di vino ogni tanto non può fare male, oggi c'è la convinzione che anche una modesta quantità può portare a un rischio per il bambino». Da aggiungere «la limitazione della caffeina: fra caffè, tè e Coca Cola la raccomandazione è non superare l'equivalente di due-tre tazzine al giorno, perchè aumenta il rischio di aborto».

Dunque regole severe fin da prima del concepimento, per mamma e papà? «Più noi aumentiamo i fattori di infiammazione più peggioriamo la qualità dell'ambiente per i gameti, spermatozoi e ovociti. Se non facciamo qualcosa, aumentano anche le difficoltà a concepire. Si tratta di darsi delle regole generali per una buona qualità di vita e ridurre lo stress, a partire da alcune regole per l'alimentazione, che non devono diventare fonte di stress esse stesse».

MAgo


Cibo, fumo e stress l'eredità dei padri ai figli

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Gli stili di vita vengono memorizzati dal Dna Così ai bambini sono trasmessi (anche) i vizi di papà

Mara Agostoni

I futuri papà si dovranno preparare: anche a loro toccherà rispettare i consigli delle ginecologhe per una sana gravidanza. Lo stop all'alcol e al fumo? L'attenzione al peso e alle sostanze nocive? Le raccomandazioni che valgono per le mamme durante la dolce attesa e per l'allattamento si estendono all'altro genitore, per essere seguite prima del concepimento.

A questo portano i risultati degli studi nel campo della epigenetica, la disciplina che studia i meccanismi con cui l'ambiente e le condizioni di vita vengono memorizzati sul corredo genetico di una persona. E' con questi meccanismi, stanno dimostrando i ricercatori, che l'eredità di padre in figlio si arricchisce: non solo gli occhi azzurri, i capelli ricci o il naso all'insù, ma anche il vissuto - cibo, stress, dipendenze - viene trasmesso al bambino e può influenzarne la salute.

IL DNA

ASSOMIGLIA A UNA TAG

I biologi le chiamano epimutazioni. Una sorta di etichette, di tag, con cui fin dal concepimento le circostanze di vita marcano il Dna di una persona. Il Dna resta intatto, ma cambia pelle. Si modifica il modo in cui funziona e come viene interpretato, e tramandato l'una con l'altra, dalle cellule che costruiscono l'organismo. Il meccanismo è complesso, si basa su legami chimici e modificazioni proteiche ma, in breve, è il motivo per cui due gemelli nascono uguali e crescono diversi: il Dna è del tutto identico, le esperienze di vita, l'ambiente, il cibo, le malattie portano le loro cellule su strade differenti.

I ricercatori stanno dimostrando come le epimutazioni si imprimono anche sugli spermatozoi e si tramandano alle generazioni future. E' una piccola rivoluzione. Si sa ad esempio che è importante mangiare bene per curare la salute. Ma quella di chi? Non solo la propria. Anche quella dei figli. E addirittura dei nipoti. Per lungo tempo gli studi sui difetti congeniti si sono concentrati sull'influsso della madre durante la gestazione.

COSA INSEGNANO

LE CARESTIE

Oggi l'interesse si è spostato sul ruolo del padre, e a fare il punto sulle più significative indagini a riguardo è stato di recente un gruppo di ricercatori dell'università di Georgetown, sull'American Journal of stem cells. Ci sono ricerche che legano l'età del padre con malformazioni del cuore nel bambino. Altre che associano la dieta e l'abitudine al fumo del genitore con diabete, obesità e cancro nel figlio. Oppure il consumo di alcol nel primo con difetti di peso negli organi del secondo.

Il caso scuola delle ricerche che riguardano le conseguenze dell'alimentazione dei padri sui figli è una fatto storico: la grande carestia olandese del 1944, quando i nazisti bloccarono i rifornimenti di cibo alla popolazione e centinaia di migliaia di persone per mesi patirono la fame. I figli di quegli olandesi nacquero sottopeso e con problemi cardiovascolari, ma ad essere oggetto di studio è il fatto che anche i figli di quei bambini, che non hanno mai sofferto scarsità di cibo, sono nati con problemi metabolici e hanno sviluppato disturbi cardiovascolari. Dopo di questo, diversi sono gli studi analoghi condotti dai ricercatori dove la disponibilità di dati storici, anagrafici e sanitari lo hanno consentito. Una ricerca in Svezia è stata condotta su tre gruppi di nati nel 1890, nel 1905 e nel 1920: fra quelli i cui padri e nonni avevano avuto una dieta povera prima della pubertà si è rilevato un tasso più basso di mortalità cardiovascolare e sono risultati protetti da quella per diabete.

Uno studio successivo, in Gran Bretagna, ha mostrato che la scarsità di cibo sofferta dai nonni è collegata solo alla mortalità dei nipoti maschi, quella delle nonne solo alle nipoti femmine. E' stato invece un gruppo di ricerca della Duke University, di Durham negli Stati Uniti, a mostrare il legame fra padri obesi e una epimutazione che può portare a cambiamenti nella regolazione metabolica, a diabete e obesità nei figli.

MINACCE

DA FUMO E ALCOL

Le sigarette? Inutile smettere di fumare solo quando il bambino nasce: bisogna farlo molto prima, suggeriscono le ricerche. Una indagine norvegese, condotta su 13mila fra uomini e donne, ha mostrato che i figli di fumatori sono soggetti a più alto rischio di asma, anche se il padre smette di fumare prima della nascita: il rischio è maggiore se il padre ha cominciato a fumare prima dei 15 anni.

Altre associazioni fra le condizioni di salute dei papà prima del concepimento e quella dei figli sono emerse sul consumo di alcol. Il disturbo dello spettro fetale alcolico, che si manifesta nel basso peso alla nascita come in deficit cognitivi, è attribuito all'esposizione all'alcol durante la gestazione. Ma non può essere solo colpa della mamma, dicono oggi le ricerche. Al dato statistico infatti (oltre il 75% dei bimbi con questo disturbo ha il papà biologico alcolista) si sono aggiunti esperimenti che stabiliscono un legame fra il consumo di alcol nei padri e la nascita sottopeso dei bambini.

LA MEMORIA

NASCOSTA NEL VELENO

I ricercatori stessi riconoscono con prudenza che le evidenze nette sulla trasmissione delle epimutazioni causate dall'ambiente sono ancora da provare. Sull'uomo, servono studi sul lungo periodo, che permettano di verificare tali fenomeni attraverso più generazioni. Sono infatti molti finora gli esperimenti condotti sui topi. Ci sono ad esempio quelli di un gruppo di ricercatori dell'università di Pennsylvania: i figli di topi stressati hanno una risposta attenuata a stimoli stressanti rispetto alla norma, interpretabile con disturbi del comportamento. Oppure le ricerche di laboratorio di Michael Skinner, della Washington State University, su diverse generazioni di ratti i cui bisavoli sono stati esposti ad agenti tossici, come la diossina. A dire se i suoi risultati valgono davvero per gli esseri umani, se le conseguenze di un evento nella vita di un individuo restano personali o diventano una eredità, potrebbe ancora una volta essere un evento storico, l'incidente all'Icmesa di Seveso del 1976.

Fino al 2010 i ricercatori hanno rilevato che in rapporto all'esposizione alla diossina durante l'incidente, nelle donne il tempo medio per restare incinta è aumentato del 25% ed è raddoppiato il rischio di sterilità. Al 2013, sulle donne che all'epoca avevano meno di 13 anni si è registrato un rischio doppio di sviluppare la sindrome metabolica. Molte nipoti delle donne esposte mostrano esiti anomali nelle analisi della tiroide. Altre risposte, secondo gli studiosi, potranno arrivare negli anni a venire.

L'annuncio degli scienziati: 'In 3 anni pillola eterna giovinezza'

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Il libro Forever Young (Edizioni Clichy) di Roberta e Simona Mercuri analizza tutte le scoprte scientifiche anti-invecchiamento

Un libro svela tutte le scoperte scientifiche che puntano a rendere (quasi) immortale l'uomo. O comunque sempre giovane. Addio rughe, sintomi dell'invecchiamento e artriti varie: la scienza sta cercando di farci vivere il più possibile e magari anche sani. Alla faccia dell'allungamento dell'età pensionabile.

A scrivere il libro Forever Young (Edizioni Clichy), come riporta Libero, sono state Roberta e Simona Mercuri, una giornalista e l'altra psicoterapeuta. C'è la descrizione di come i miliardari vadano alla Bahamas per sottoporsi a terapie anti-età con colture di staminali iniettate in vena. Oppure gli interventi di ingengeria genetica conditti dai ricercatori del Salk Institute di La Jolla in California. Gli scienziati Usa sono riusciti a rendere più giovani, per la prima volta, degli esseri viventi. Non ancora gli uomini, ma i topolini sì. E non è detto che presto possa succedere anche per noi. "I roditori, sottoposti all' esperimento pubblicato sulla rivista Cell, - scrive Libero - sono tornati ad avere tessuti sani e privi dei danni accumulati con l' età. Inoltre la loro vita si è allungata da 18 a 24 settimane (circa il 30%).
Che è come se a noi regalassero circa 20 anni di salute.

Non solo. Perché chi desidera l'eterna giovinezza può guardare anche ad un'altra importante ricerca. Questa è condotta dal Brigham and Women' s Hospital di Boston e entro settembre 2018 dovrebbe portare alla sperimentazione di una pillola anti-età. "Siamo vicini come non mai a un farmaco anti-invecchiamento sicuro ed efficace. Se i test andranno bene, sarà disponibile sul mercato nel giro di 3, massimo 5 anni", fanno sapere gli ideatori della ricerca condotta della Harvard Medical School di Boston (guidati dal genetista David Sinclair) e presentata su Science.

Medicinale sperimentale sugli animali, ecco le alternative

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Un convegno in Senato per spiegare come si possano evitare i maltrattamenti agli animali e fare meglio ricerca

La sperimentazione sugli animali con estrapolazione dei dati all’uomo è ancora pratica dominante se non addirittura obbligatoria in vari campi della ricerca medica. Dati della FDA americana indicano al 95 % la percentuale di farmaci sperimentali che, nonostante siano stati testati con successo su modelli animali, fallisce la traduzione nelle fasi cliniche, ovvero sull’uomo.

Al di là del problema etico riguardante le inutili sofferenze cui vengono sottoposte le cavie, emerge ormai ineludibile, un drammatico errore di metodologia scientifica.

Oltre la Sperimentazione Animale (O.S.A.) e Lega Antivivisezione (L.A.V.), organizzano un convegno scientifico sulle alternative, già oggi fruibili ed estrapolabili al genere umano, validate dalla vera scienza proiettata verso il futuro.

Il 9 novembre 2017, dalle 8.30 alle 13, presso la Sala degli atti parlamentari della biblioteca Spadolini, Piazza Minerva 38, ricercatori di caratura mondiale interverranno su questo argomento. La partecipazione è gratuita previa iscrizione sul sito.

La malattia genetica che blocca il cuore

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Malattia cardiaca ereditaria, geneticamente trasmessa, caratterizzata da un malfunzionamento di una parte della membrana che riveste le cellule del cuore

La sindrome di Brugada è una malattia cardiaca ereditaria, geneticamente trasmessa, caratterizzata da un malfunzionamento di una parte della membrana che riveste le cellule del cuore (canali ionici) che, a sua volta, provoca una predisposizione ad aritmie ventricolari maligne. Queste alterazioni non sono sempre presenti, ma possono variare nel tempo ed essere accentuate da alcuni farmaci o da alcune condizioni fisiche (come ad esempio la febbre). La sindrome è causa di morte improvvisa in pazienti (per lo più giovani) che presentano un cuore strutturalmente sano (vale a dire normale per quanto riguarda la funzione di pompa e l'irrorazione sanguigna).

Gli unici sintomi sono causati dalle aritmie ventricolari e da qualche episodio di svenimento. La morte improvvisa di solito si verifica in soggetti tra i 25 e i 50 anni ma può avvenire anche in età differenti. Sono frequenti casi di morte improvvisa a riposo o nel sonno. Solitamente la perdita di coscienza è immediata, senza sintomi premonitori (per tali motivi i pazienti rischiano, cadendo, di subire dei traumi). I pazienti possono anche riferire palpitazioni o sensazione di mancamento.

Il medico che resuscita dalla morte improvvisa

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L’aritmologo Carlo Pappone è l’unico al mondo in grado di curare con un’operazione chi è colpito dalla sindrome di Brugada: "Ho fatto tornare in vita 275 persone, ora sono guarite per sempre"

La storia della sindrome di Brugada sembra la trama di un film horror: colpisce nel sonno, non ha sintomi apparenti, è come una bomba ad orologeria (programmata a nostra insaputa) che ferma il cuore, strutturalmente sano, in un solo secondo, quando meno ce lo aspettiamo. Un vero e proprio incubo che in Italia causa circa 50mila morti all'anno, soprattutto tra i quarantenni sani. Ma ora esiste un rimedio alla morte improvvisa. Si tratta di un intervento al cuore messo a punto da Carlo Pappone, responsabile dell'unità di Aritmologia clinica ed elettrofisiologia del policlinico San Donato, alle porte di Milano. Un'operazione che dura un'ora scarsa, quanto l'applicazione di un by pass, e che consiste nell'ablazione di una minuscola regione del cuore nel ventricolo destro. Tolta quella, la sindrome sparisce.

L'OPERAZIONE

«Ho resuscitato 275 persone - spiega Pappone, l'unico a effettuare questo tipo di intervento al mondo - Tre anni fa, quando abbiamo seguito il primo caso, il nostro atteggiamento era piuttosto prudente, eravamo sorpresi nel vedere una malattia genetica, che di solito colpisce tutte le cellule, concentrata solo in una piccola parte del cuore. Con l'operazione pensavamo di normalizzare l'elettrocardiogramma e basta. Ma oggi, dopo tre anni, possiamo dire con certezza che eliminare quelle cellule vuol dire eliminare tutte le possibili aritmie e vuol dire non far più rigenerare la malattia». I primi ad essere scettici sulla cura di Pappone furono gli stessi fratelli Brugada, spagnoli, che nel 1992 diedero il nome alla sindrome della morte in un secondo. «La malattia non ha cura, non illudiamo i pazienti» avevano tuonato. Oggi, dopo tre anni, sembrano non aver più nulla da ridire. I risultati ci sono e iniziano ad essere rilevanti, tanto da essere stati oggetto di una pubblicazione sulla rivista scientifica Circulation, la seconda. «Il mio intervento guarisce i pazienti per sempre» sostiene Pappone che annuncia un nuovo obbiettivo: fare in modo, nell'arco dei prossimi tre anni, di levare il defibrillatore a chi è stato operato. Lo specialista del cuore sta effettuando uno studio su 150 pazienti e, in base ai risultati, proporrà di cambiare le linee guida post operazione. Nel frattempo continua a operare pazienti provenienti da tutto il mondo: dall'Australia alla Germania, dagli Stati Uniti all'Inghilterra. E un'équipe a Los Angeles sta iniziando a proporre lo stesso intervento. È enorme il tam tam tra i malati «rinati» e le persone che hanno precedenti in famiglia e temono di poter essere colpite da quel secondo fatale. È stato creato un forum tra chi è già stato operato, esiste una pagina Facebook (Sindrome di Brugada) e spesso chi vuole avere informazioni sull'intervento salva-vita si rivolge alle chat.

GLI INDIZI DA APPROFONDIRE

Come prevenire la malattia fantasma? Innanzitutto bisogna capire se si hanno dei precedenti in famiglia: uno zio, un nonno che è morto improvvisamente ma non si sa perché. E a volte, ma non sempre, basta un elettrocardiogramma per valutare il rischio. «L'ideale però - spiega Pappone - sarebbe fare l'elettrocardiogramma durante la notte, solo così l'esame mostrerebbe la malattia che, altrimenti, è impossibile vedere di giorno. Proprio per questo si effettua il test all'ajmalina, un farmaco che simula un momento critico della malattia svegliando le cellule anomale che il paziente ha nel cuore. Ovviamente il test va effettuato in ambienti in cui si è in grado di controbilanciare gli effetti collaterali».

Gli ultimi studi sulla sindrome di Brugada rilevano anche che non sempre la malattia ha chiare origini genetiche. «Nel 25% casi - spiega Pappone - c'è un'eredità genetica inequivocabile, ma nel 75% non sappiamo la causa, supponiamo una componente genetica che non si legge ancora negli esami. Tuttavia non escludiamo ci siano fattori non genetici che creano nuovi pazienti». In sostanza, a volte c'è un indizio su cui lavorare, a volte no. Per questo la differenza, per chi è stato colpito dalla sindrome di Brugada, l'ha fatta chi è intervenuto nei primi minuti dopo l'attacco. Se un soccorritore è in grado di effettuare un massaggio cardiaco e se, nel giro di poco tempo, qualcuno interviene con un defibrillatore, allora ci sono buone speranze di arrivare in sala operatoria per l'ablazione del «nido» delle cellule che provocano l'arresto cardiaco. Altrimenti il destino è segnato. «Saper effettuare un massaggio al cuore - sostiene Pappone - è un atto di educazione civica».

Il colore della lingua ci racconta il nostro stato di salute

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La lingua è una mappa del nostro stato di salute. Colore e segni possono indicare problemi a organi specifici

La lingua è lo specchio della salute. Quando siamo sani è rosea e omogenea - senza macchie - mentre quando qualcosa nel nostro organismo non va il colore può variare o posso apparire delle macchie.
Ogni zona si riferisce a un organo: la parte centrale allo stomaco e alla milza, i bordi a fegato e cistifellea, la parte interna ai reni e la punta al cuore.

Come riportaIl Corriere, il colore giallo e biancastro può significare la presenza di uno stato influenzale o febbre. Il rosso sui bordi indica invece una possibile infezione all'intestino, oppure può rispecchiare uno stato di stress o la menopausa. Il rosso scuro ha a che fare con la temperatura corporea mentre un aspetto asciutto e di colore chiaro può indicare problemi intestinali o stanchezza.

Oltre al colore bisogna fare attenzone ad altri fattori, come macchie o segni. Per esempio dei puntini sulla lingua possono indicare problemi alla digestione. La presenza di solchi invece rappresentano problemi alle pareti del colon.

Il sesso può causare l'infarto? Uno studio rivela che è "poco probabile"

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A Portland analizzati casi per 12 dodici anni. Secondo i ricercatori è rarissimo che a causare l'infarto sia l'attività sessuale

Sesso sfrenato e poi l'infarto. Quanto volte abbiamo visto nei film questa messa in scena. Tante. Ma ora questo invincibile cliché se la deve vedere con un nuovo studio statunitense presentato al congresso dell'American Heart Association. Secondo quanto riportano gli studiosi, raramente l'attività sessuale sarebbe alla base degli arresti cardiaci.

A Portland (Oregon) dei medici hanno analizzato casi di arresti cardiaci negli adulti per ben dodici anni. Ne è risultato che solo l'1% era associato all'attività sessuale. Nello specifico, solo 34 casi di infarto su più di 4500 erano legati al sesso. E di questi 32 hanno colpito persone di mezza età di sesso maschile.

Lo studio è stato coordinato dal ricercatore Sumeet Chugh del Cedars-Sinai Heart Institute, il quale ha dichiarato che la sua analisi sarebbe la prima a valutare direttamente il legame tra infarto e attività sessuale. Come riporta la Bbc medico ha anche sottolineato l'importanza dell'educazione delle manovre salva-vita in quanto solo in un terzo dei casi è avvenuta la rianimazione cardiopolmonare da parte del partner.


Primo dna modificato nel corpo del paziente. "Così cureremo le malattie metaboliche"

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Per la prima volta gli scienziati hanno provato a modificare il dna direttamente all'interno del corpo del paziente

Riscrivere i geni di una persona per curare una malattia. Ora è possibile grazie a un gruppo di scienzati americani. Attraverso un esperimento su un 44enne affetto da una rara malattia metabolica, i ricercatori hanno potuto testare l'efficacia di questo metodo. L'esperimento ha avuto luogo ad Oakland, in California. Come riporta l'Huffington Post, l'uomo che si è sottoposto all'operazione si chiama Brian Madeux.

I suoi geni sono stati modificati e ora gli scienziati proveranno anche a testare questo metodo per altre malattie, inclusa l'emofilia. Proprio a fine ottobre dei ricercatori sempre americani dell'Howard Hughes Medical Research Institute hanno costruito in laboratorio un enzima che può eseguire l'operazione di modifica del Dna "lettera per lettera". Si potrebbe definire infatti come una matita rossa in grado di cambiare il Dna umano, riscrivendolo senza "errori". Si tratta di un nuovo importante strumenti di ingegneria genomica che rende possibile invertire le associate a malattie del sangue.

Ferrara, operato di tumore al cervello mentre suona il clarinetto

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È la prima volta che in Italia che viene eseguita un'operazione simile: il paziente è rimasto sveglio e ha suonato lo strumento

Operato al cervello mentre suona il clarinetto: è l'eccezionale intervento, primo in Italia nel suo genere, portato a termine con successo all'ospedale S.Anna di Ferrara, su un musicista professionista con un tumore cerebrale.

Il paziente la scorsa estate ha avuto un'improvvisa crisi epilettica. Le indagini hanno confermato che la causa risiedeva in un tumore localizzato nell'area cerebrale sensitiva di destra, la stessa da cui deriva la percezione della sensibilità a mano e braccio di sinistra.

L'uomo suona il clarinetto, uno strumento che richiede movimenti veloci, precisi e pressochè automatici delle dita. Così, per la prima volta in Italia, su proposta del neurochirurgo, Pasquale De Bonis e del direttore della Neurochirurgia, Alessandro Cavallo, si è deciso di intervenire asportando la neoplasia mentre il paziente, la cui disponibilità è stata fondamentale, suonava il clarinetto. Stimolando nella fase operatoria specifiche zone cerebrali, spiega l'ospedale di Ferrara, sono stati evocati disturbi sensitivi complessi.

Lo stesso paziente ha così potuto riferire di non riuscire a gestire bene le dita della mano sinistra per un'alterazione transitoria della sensibilità. Fatto riscontrabile con errori nell'esecuzione dei brani. Questo ha consentito ai professionisti di procedere con "mappa e confini" evitando anche il minimo rischio di danni invalidanti. L'intervento, eseguito nel settembre scorso, è durato quattro ore, metà delle quali con paziente sveglio.

La risonanza magnetica post-operatoria ha mostrato l'ottimale asportazione della neoplasia. Il musicista, dimesso dopo pochi giorni, ha di recente inviato ai medici del reparto un video da cui emerge che esegue alla perfezione alcuni brani di musica classica. In caso di tumori cerebrali l'obiettivo neurochirurgico è duplice: asportare quanta più massa possibile, spiega l'ospedale S.Anna di Ferrara, e minimizzare i potenziali danni alle funzioni cerebrali provocati dalla chirurgia stessa.

Premesso che esistono strumenti per monitorare le funzioni motorie, ma non le sensitive, l'intervento avrebbe potuto essere eseguito in awake surgery, con monitoraggio intraoperatorio della funzione motoria, grazie alla registrazione dei cosiddetti 'segnali elettricì da parte dei neurofisiologi.

Il fatto che il paziente sia un musicista professionista ha costituito la base per tentare di presidiare, con esiti che si sono rivelati positivi, anche il sensitivo.

Ecco che cosa succede alle mani di chi si mangia spesso le unghie

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I consigli dell'esperto per chi è solito mangiarsi le unghie: "Fate più attività sportiva". La copa? Dello stress. E bisogna evitare situazioni "invitanti"

Vi siete mai chiesti cosa succede alle vostre unghie se e quando ve le mangiate? Possono rischiare di non ricrescere più? Può provocare problemi, infezioni, malattie? A rispondere a queste domande è stato per il Corriere Antonino Di Pietro, direttore scientifico dell’Istituto Vita cutis di Milano

Quello di cui bisogna preoccuparsi non è tanto la ricrescita delle unghie. Ma la salute della mani. "Le unghie nascono dal cosiddetto letto ungueale - spiega l'esperto - che sta proprio al confine con le cuticole (le “pellicine”); fino a quando il letto ungueale rimane intatto, il fatto di mangiarsi le unghie non interferisce con la loro (ri)crescita". Il problema è che spesso mangiarsi le unghie porta a "danneggiare la pelle intorno e questo espone la mani a un maggior rischio di infezioni", oppure a trasmettere i germi presenti nelle mani alla bocca e "possono favorire lo svilupparsi di varie infezioni compreso il raffreddore".

Ma perché siamo propensi a mangiarci le unghie? Potrebbe essere stress, dunque un modo per risolvere il problema potrebbe essere quello di dedicarsi a attività sportive o ludiche. Oppure si può tenere "le unghie corte, ben curate e arrotondate, senza margini spezzettati e invitanti" e applicare "uno smalto amaro in modo da renderle meno 'appetibili'".

Spesso si viene a creare quello che in gergo non medico si chiama "il giradito". In sostanza la parte tra l'unghia e la pelle si infetta, diventa rossa e fa male se la si preme. In quel caso è in atto una infezione che deve essere curate altrimenti il rischio è che se peggiora possa portare all'unghia incarnita, quando "il dito si gonfia ancora di più e compar sangue misto a pus e il dolore diventa pulsante. In questi casi il dermatologo può intervenire per agevolare la guarigione e permettere all’unghia di crescere sana".

MEDICINA E SALUTE

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Maria Sorbi

«Ho la minima troppo bassa». «Soffro di pressione alta». Un attimo, fermi tutti. Quando si parla di pressione arteriosa, non ha senso dire alto o basso in termini assoluti. Le variabili sono tante ma spesso non se ne tiene conto con la giusta attenzione. Fino ad arrivare a spaventarsi (senza motivo) per un valore sballato. E poi si commettono un sacco di errori nella misurazione. Soprattutto gli anziani, tendono a misurarla troppo spesso, quando invece (salvo indicazioni mediche) andrebbe provata una volta alla settimana. O, se non altro, non tutti i giorni.

LE MONTAGNE RUSSE

Quando deve scattare davvero il campanello d'allarme? Quando si nota che i valori della pressione massima cambiano notevolmente, anche di 30-40 millimetri di mercurio, e velocemente. In quel caso gli sbalzi possono essere pericolosi quanto l'ipertensione ed è necessario consultare il medico. Lo dimostra uno studio dei ricercatori dell'Intermountain medical center heart institute di Salt Lake City, negli Stati Uniti. La ricerca ha preso in esame le cartelle cliniche di quasi 11mila persone arruolate nella più grande sperimentazione clinica mai condotta sull'ipertensione. I pazienti sono stati sottoposti alle misurazioni della pressione tra il 2007 e il 2011. In seguito le loro condizioni di salute sono state monitorate per cinque anni. Ed è stato dimostrato che la mortalità è più alta nelle persone che, a distanza di tempo, hanno registrato valori della pressione sistolica molto variabili, con differenze fino a 30-40 mmHg.

Con sbalzi da montagne russe, è più facile che il paziente sia colpito da infarto, ictus, scompenso cardiaco o renale. Ecco, in questi casi ha senso tener sotto stretto controllo la pressione, in una miriade di altri casi invece diventa una sorta di mania inutile. E in ogni caso è sempre meglio farsi misurare i valori in farmacia o dal medico. Se proprio lo si vuole fare a casa, allora vanno seguiti piccoli accorgimenti per non prendersi spaventi inutili.

Innanzitutto la pressione va misurata almeno due volte, a distanza di qualche minuto l'una dall'altra, perché i valori possono cambiare a seconda del momento della giornata e allo stato emozionale. Meglio misurarla al mattino o alla sera, ma sempre nello stesso momento. Inoltre bisogna provarla in condizioni costanti, cioè quando non ci si è appena concessi una sigaretta o un caffè né quando si è mangiato qualcosa che può influenzare i dati. I medici consigliano di procedere con le misurazioni solo dopo aver svuotato la vescica e dopo essere stati sdraiati per qualche minuto.

Se si misura da seduti, i piedi vanno poggiati a terra e il braccio va tenuto all'altezza del cuore. Bisogna considerare sempre, ma non molti lo fanno, che la pressione arteriosa aumenta la sera e nelle prime ore del mattino ma scende durante la notte.

Se la pressione è alta si parla di ipertensione e i valori sono tra 140-159 mmHg di alta e 90-99 mmHg di minima. In quel caso i sintomi si fanno sentire: mal di testa, stanchezza cronica, nausea, palpitazioni, vertigini e, nei casi più acuti, sangue da naso e ronzio nelle orecchie. Le complicazioni serie riguardano invece una potenziale insufficienza cardiaca e un aumento del rischio di un ictus. Se da un lato l'ipertensione è dovuta all'uso di farmaci o alla presenza di qualche problema cardiaco già conclamato, in altri casi sembra avere «vita propria» e non se ne conoscono le origini. Ovviamente l'età e alcuni fattori di rischio (come l'obesità) non migliorano il quadro.

OCCHIO ALLA TAVOLA

Fondamentale è la dieta: a sorpresa i cibi speziati riducono l'ipertensione (o meglio, riducono la voglia di cibi salati), l'aglio contiene una sostanza che fa distendere i muscoli e dilatare i vasi sanguigni, abbassando di conseguenza anche la pressione sanguigna. E poi fanno molto bene le banane, il pesce, il sedano, lo zafferano e le verdure, purché poco condite. Da evitare sale, dolci, alcol.

E poi c'è l'altra faccia dell'ipertensione: l'ipotensione, cioè la pressione bassa, quella a 90/60 mmHg. È un luogo comune quello di dire: «Meglio alta che bassa». In realtà anche la pressione bassa può essere pericolosa se supera certi parametri. È vero, mette al riparo dalle malattie cardiovascolari, ma può provocare svenimenti frequenti, sonnolenza, mal di testa. A causarla possono essere diabete, problemi alla tiroide, infezioni a stadi molto avanzati, reazioni allergiche. Ovviamente può essere provocata anche dall'uso di farmaci come diuretici, beta-bloccanti, antidepressivi triciclici, narcotici. Spesso chi ne soffre ha dei cali forti nella fase della digestione oppure ha qualche problema di scarsa idratazione. Per questo è consigliato mangiare poco e spesso e affidarsi agli alimenti giusti: sali e vitamine non devono mai mancare, così come una barretta di liquirizia in borsa. E poi sono un antidoto anti svenimento fondamentale lo zenzero e i cibi con un buon apporto di ferro, di vitamina C, B12 e acido folico: uova, carne, limone, fragole, ciliegie e verdure come peperoni, lattuga e pomodori. Caffè, guaranà, ginseng e pappa reale sono validi alleati che portano una carica energetica giusta.

Soleterre, raccolta fondi per i bambini malati di cancro

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Soleterre lancia una campagna di raccolta fondi per supportare migliaia di bambini malati di tumore: per donare basta inviare un SMS al 45515

Ogni anno vengono diagnosticati tra i 175.000 e i 250.000 casi di cancro infantile, l’85% dei quali vive nei Paesi in via di sviluppo. Curarlo è una delle sfide sanitarie più grandi del secolo e, purtroppo, non tutti i bambini hanno la possibilità di accedere ai trattamenti, a causa delle diverse condizioni dei sistemi sanitari in cui vivono. Soleterre ha perciò deciso di lanciare una campagna di raccolta fondi a favore di oltre 6.000 bambini malati di tumore: l’obiettivo è di fornire loro le cure più idonee, innalzando il tasso di sopravvivenza e donando supporto ai familiari.

In Italia il cancro rappresenta la prima causa di morte nella fascia dagli 1 ai 14 anni d'età e i tre tumori infantili più frequenti - leucemie, linfomi e tumori del sistema nervoso centrale - hanno purtroppo subito un aumento annuo. Tuttavia, grazie agli strumenti sanitari, ai medicinali e al personale a disposizione, sono cresciuti i casi di diagnosi precoce e anche le terapie a disposizione dei più piccoli.

Partecipare alla campagna socialeGrande contro il cancro” significa offrire un aiuto per migliorare la qualità della vita di migliaia di bambini, offrendo loro delle possibilità di guarigione che siano davvero concrete. Per farlo, è sufficiente mandare un semplice SMS al numero 45515 entro giovedì 30 novembre 2017.

I fondi raccolti tramite la campagna saranno utilizzati per realizzare diagnosi accurate e tempestive, fornire medicine antitumorali e attrezzature mediche, formare medici qualificati, garantire supporto psicologico, attività ludiche e case d'accoglienza. I destinatari sono bambini di Italia, Marocco, Ucraina, India, Costa d'Avorio e Uganda, ma anche i loro genitori e il personale sanitario.

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Nonostante i passi in avanti nelle diagnosi compiuti grazie alla tecnologia, alle ricerche e al personale sempre più qualificato, non si può negare che la crisi attuale stia colpendo il sistema sanitario. Vi sono pertanto alcune lacune da colmare, relative soprattutto all’accoglienza e al supporto psico-sociale al malato e ai suoi familiari.

La onlus Soleterre risponde a questo bisogno supportando i bambini e gli adolescenti ricoverati presso il Reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia, fornendo il sostegno di cui loro e i familiari hanno necessità, e grazie ai fondi raccolti contribuirà alla ristrutturazione del relativo Day Hospital Onco-ematologico Pedriatrico per accogliere circa 1.000 bambini in cura ogni anno, in un ambiente consono. È pertanto semplice comprendere perché sia opportuno contribuire alla raccolta fondi: anche un piccolo contributo può fare la differenza per sconfiggere il male di questo secolo.

L'allarme del ministero della Salute: "Contaminato un lotto di porchetta di Ariccia"

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Ritirato il lotto 021017 della porchetta di Ariccia Igp a marchio Fa.Lu.Cioli. E' stata contaminata dal batterio Listeria Monocytogenes, pericoloso per la salute

Se avete comprato recentemente della porchetta, fareste bene a controllare marca e numero di lotto.

Come riporta infatti il Fatto Alimentare , sito specializzato in segnalazioni sul mondo del cibo e dell'alimentazione, il Ministero della Salute ha diffuso sul proprio sito ufficiale un avviso con cui si comunica il richiamo di un lotto di porchetta di Ariccia Igp a marchio Fa.Lu.Cioli.

Il prodotto va ritirato perché da un campione analizzato è stata rilevata la presenza di Listeria Monocytogenes, un batterio presente nell'acqua, nel suolo e nella vegetazione che può contaminare i cibi. Il lotto finito nel mirino dei tecnici del dicastero guidato da Beatrice Lorenzin è il numero 021017, con scadenza al 31/12/2017: la porchetta è confezionata sottovuoto in porzioni da 150 grammi e proviene dallo stabilimento di via delle Cerquette 50-56 ad Ariccia, in provincia di Roma.

Chiunque abbia acquistato il prodotto è invitato a non consumarlo e a riportarlo immediatamente nel punto vendita in cui lo ha acquistato. Contemporaneamente l'azienda produttrice si è impegnata a diffondere un altro avviso di richiamo per allertare i consumatori direttamente nei negozi in cui la porchetta contaminata è stata venduta.

Torino, sviluppato vaccino contro il tumore al pancreas

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Il vaccino è risultato efficace nell'aumentare l'aspettativa di vita di animali da esperimento

I pazienti affetti da tumore al pancreas rispondono meglio alle terapie antitumorali. All’ospedale Molinette di Torino un team di ricercatori ha sviluppato un vaccino, risultato efficace nell'aumentare l'aspettativa di vita di animali da esperimento con tumore pancreatico. L’approccio combinato tra nuove chemioterapie, nuovi farmaci immunoterapici e vaccini può rappresentare la chiave per aumentare la sopravvivenza dei malati affetti da un tumore spesso mortale.

"La maggior parte dei pazienti con tumore pancreatico produce anticorpi contro alfa-enolasi ed i ricercatori del mio gruppo hanno dimostrato che i pazienti che hanno anticorpi anti-alfa enolasi nel sangue rispondono meglio alle terapie antitumorali", ha spiegato a La Stampa il professore Francesco Novelli che guida il team di ricerca.

Il tumore al pancreas

Questo tipo di tumore è la quarta causa di morte per cancro in Europa. La maggiore incidenza si registra tra le persone con 60-70 anni d'età. Si tratta di una malattia segnata da un elevato tasso di mortalità: a cinque anni dalla diagnosi solo l'8% dei pazienti è ancora in vita. La maggior parte di loro muore invece entro i primi due anni.


Troppo collutorio aumenta il rischio di diabete

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I rischi nell'uso del collutorio in uno studio della Harvard School of Public Health: aumenta il rischio di sviluppare il diabete

In molti ne fanno uso. Dopo aver usato lo spazzolino per denti, via di collutorio. Bene. Ma non sempre benissimo. Secondo un recente studio, infatti, usare il collutorio due volte al giorno aumenta significativamente il rischio di essere obesi e di sviluppare il diabete di tipo 2. Insomma: non proprio del tutto salutare.

A far emergere questi presunti effetti collaterali è stata la ricerca dell'Harvard School of Public Health, pubblicata sulla rivista Nitric Oxide. Ecco i risultati: chi ha usato il collutorio due volte al giorno ha circa il 55% di probabilità in più di ammalarsi di diabete o di soffrire di pre-diabete entro tre anni.

Ma proviamo a capirne di più. Lo studio ha coinvolto 1.106 persone in sovrappeso di un'età compresa tra i 40 e i 65 anni. Secondo i medici, queste persone erano già a rischio diabete. I ricercatori li hanno tenuti in osservazione, controllando chi facesse uso di collutorio e chi no. Il 17% di loro hanno sviluppato diabete o pre-diabete, ma la percentuale è salita al 20% tra chi ne ha fatto uso almeno una volta al giorno e al 30% tra chi si è sciacquato la bocca due volte durante la stessa giornata.

Ma perché dove è il collegamento tra il collutorio e il diabete? Perché l'igiene orale dovrebbe essere pericolosa? Secondo i ricercatori, il liquido antibatterico potrebbe eliminare anche i batteri "buoni" che si trovano nella bocca e che proteggono l'organismo dall'obesità e dal diabete aiutando il corpo a produrre ossido nitrico. Ed è propri l'ossido nitrico a permettere alle cellule di comunicare la necessità di insulina nel corpo. "La maggior parte di questi ingredienti antibatterici nel collutorio non sono selettivi", hanno detto i ricercatori.

CDI ora anche a City Life Il gioiello nella «Città Futura»

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Fondato da Fulvio Bracco, da 40 anni al servizio dei milanesi. All'avanguardia per tecnologie e prestazioni

Massimiliano Finzi

Milano del futuro e del rinnovamento. Il Centro Diagnostico Italiano (CDI) diventa uno dei nuovi protagonisti della città che s'innalza nel segno della modernità metropolitana, dinamica, tecnologica, simbolo d'eccellenza nell'arte, nel design, nell'industria e proiettata in Europa e nel mondo. Il complesso City Life, nascente emblema della capitale meneghina del Terzo millennio, è stato scelto per l'apertura della nuova sede del CDI, all'avanguardia per tecnologie, innovazione e prestazioni.

Il nuovo poliambulatorio CDI CityLife, con una superficie di 500 metri quadri, erogherà visite specialistiche, diagnostica e prelievi di laboratorio in regime di solvenza e in convenzione con i principali fondi e assicurazioni. Accanto al nuovo centro sarà presente anche un punto prelievi, accreditato con il Servizio sanitario nazionale, dove è possibile eseguire oltre 500 differenti tipologie di esami di laboratorio.

Chi si rivolgerà al Centro potrà accedere a strumenti di diagnostica per immagini d'avanguardia come, ad esempio, la tomosintesi mammaria, una tecnologia innovativa utilizzata per la prevenzione senologica che permette la realizzazione di una mammografia tridimensionale per una maggiore accuratezza diagnostica. Inoltre, presso la nuova sede si potranno effettuare visite specialistiche in oltre trenta specialità e trattamenti fisioterapici sia manuali che strumentali.

«City Life spiega Diana Bracco, presidente e amministratore delegato del Centro Diagnostico Italiano - rappresenta uno dei poli di attrazione della Milano futura e del suo rinnovamento. La scelta di questa area ben rispecchia una delle caratteristiche del CDI, la propensione all'innovazione. Nei nostri poliambulatori le persone trovano tecnologie che, con forti investimenti, manteniamo costantemente all'avanguardia, attenti alle più importanti novità nella diagnostica e nella terapia, in tanti casi tra i primi a sperimentare. La capillare presenza sul territorio rispecchia uno dei più importanti valori del CDI. La centralità del paziente e delle sue necessità. L'idea sulla quale mio padre, Fulvio Bracco, ha plasmato il progetto oltre 40 anni fa. In sedi facilmente raggiungibili, il cittadino può svolgere tutte le prestazioni sanitarie di cui ha bisogno, anche nel medesimo giorno, senza doversi spostare di reparto in reparto, di ospedale in ospedale.

Oltre 40 anni di attività, 23 strutture in Lombardia (Milano, Corsico, Rho, Legnano, Cernusco sul Naviglio, Corteolona, Pavia e Varese), più di mille operatori, 800mila pazienti all'anno, cinquanta servizi in numerose aree terapeutiche, il Centro Diagnostico Italiano dispone di numeri annui importanti: 520mila visite ambulatoriali e day surgery, 213mila esami di diagnostica per immagini, 17mila check-up (di cui 3.500 CDICheck il check-up personalizzato) e 5 milioni di test di laboratorio.

Numerose sono le eccellenze strutturali come la Diagnostica per immagini e Medicina nucleare, i due Cyberknife, il rivoluzionario robot radiochirurgico per il trattamento delle patologie tumorali, che pone il CDI all'avanguardia nella terapia dei tumori. I test di genetica e biologia molecolare come il BRCA1 e il BRCA2, la diagnosi genetica prenatale non invasiva.

«Per il CDI - conclude Diana Bracco - innovare vuol dire anche promuovere la scienza, grazie alle competenze dei suoi specialisti, professionisti in grado di pubblicare importanti lavori sulle riviste internazionali o di organizzare congressi di spessore scientifico. Significa anche favorire la divulgazione, come abbiamo fatto con due eventi per il pubblico, nel 2017, alla Triennale di Milano su Big Data e Radiomica».

Addio acne e cicatrici sul viso Il laser frazionato fa miracoli

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Fioravanti (medico estetico di Hospitadella): «Tessuto danneggiato sostituito con quello nuovo». In 3-4 sedute

Viviana Persiani

Chi ha la pelle segnata e rovinata da cicatrici convive, spesso, con un disagio antiestetico. Cicatrici ipertrofiche, talvolta anche segni di acne o dovuti a varicella, disturbano l'armonia di un viso, ma anche l'integrità esterna del corpo, a causa di interventi, incidenti o scottature. Niente paura, perché anche se la convivenza è di vecchia data, oggi, con il laser frazionato, si possono davvero compiere miracoli.

Luca Fioravanti, medico estetico di Hospitadella, spiega il funzionamento di questa tecnologia: «Si chiama laser frazionato perché emette raggi di luce come fossero tanti colpi ravvicinati; in questo modo, viene stimolato il processo di guarigione della pelle, avviando la produzione di nuovo collagene e la sostituzione del tessuto compromesso con quello nuovo».

È una tecnica molto praticata visto che Fioravanti riceve numerose richieste da pazienti con cicatrici post chirurgiche, ma anche con segni evidenti a causa di ustioni, anche da acido: «In genere, sono sufficienti tre, quattro sedute, di solito in funzione dell'entità del segno e dello spessore della profondità, con una frequenza di una seduta al mese. I risultati saranno visibili almeno dopo 3 mesi dall'ultimo trattamento. Qui in Italia, sono pochi i pazienti che si rivolgono a me per ustioni da acido, ma è confortante sapere che esiti cicatriziali di certe lesioni evidenti possono essere eliminati». Non tutte le cicatrici sono uguali e prima di intervenire col laser frazionato il medico consiglia un trattamento preparatorio. «Se la cicatrice è ipertrofica, occorre porvi sopra dei cerotti idrocolloidi o al silicone per ottenere un appiattimento della stessa; se il paziente ha necessità di rimuovere i segni di acne dal volto, prima deve seguire un trattamento disinfiammatorio, dopodiché si procede, solo di fronte ad un esito cicatriziale». Si possono rimuovere, dunque, anche le cicatrici «storiche»? «Si possono trattare anche cicatrici più vecchie - rassicura Fioravanti- anche di dieci, venti anni, tenendo presente che quelle più recenti si possono cancellare più facilmente: in questi casi, il tessuto è ancora in fase di rimodellamento, purché siano trascorsi almeno 6 mesi dall'origine del segno, tempo necessario per rendere la cute più stabile e purché la pelle non sia abbronzata».

L'aspetto e il decorso di una cicatrice, però, dipendono anche dall'età della stessa pelle e anche dalla zona interessata. Se la cute è giovane i tempi di guarigione sono ridotti e così si può intervenire più velocemente, valutando che spesso, la cicatrice tende ad apparire più spessa e più larga, rispetto al medesimo danno su una pelle più matura. Il laser frazionato sviluppa del calore che potrebbe dare fastidio al paziente, ma con una crema anestetica si ovvia al problema.

Oltre alla tecnica del laser CO2 frazionato, esiste anche il laser erbium frazionato: «Io propongo inizialmente la prima, perché è considerata la soluzione più efficace. I tempi di guarigione sono più lunghi però, nell'ordine dei 4-5 giorni, per cui si può considerare la tecnica alternativa se il paziente preferisce una ripresa più rapida delle attività. In questo caso saranno necessari più trattamenti per ottenere un risultato similare».

È interessante l'utilizzo di questa tecnologia per la terapia degli esiti da ustione. «Oggi le cicatrici da ustione si trattano con il laser frazionato che assicura un ottimo risultato grazie al rinnovamento dei tessuti che si rigenerano.

Per info: www.hospitadella.itNumero Verde 800 589 004

La «Banca delle ferie solidali» un aiuto a chi ha i figli da curare

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Il dg Scibetta: «Far del bene tra colleghi è importante»

Massimiliano Finzi

Anonima, volontaria, trasversale, a fin di bene. E a fondo perduto. L'Ulss 6 Euganea, di Padova, ha varto la «Banca delle Ferie solidali», primo esempio, in Veneto, di donazione di tempo a beneficio di quei lavoratori che si trovano a dover accudire in maniera continuativa un figlio malato. Fortemente voluta dalla Direzione strategica aziendale e sostenuta dalla Cisl Fp, la novità si allinea ad analoghe iniziative adottate da grandi multinazionali in Europa. La «Banca delle Ferie solidali», unica nel suo genere nel Sistema sanitario pubblico italiano, è nata da un accordo, sottoscritto tra il direttore generale dell'Ulss 6, Domenico Scibetta, e i rappresentanti delle Organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Fials, Fsi, Nursing Up.

La cessione a titolo gratuito delle ferie maturate dai dipendenti dell'Ulss 6 Euganea a favore di colleghi, regolamentata da un verbale di contrattazione integrativa, consentirà a questi ultimi di assistere i figli minori che necessitano di cure costanti, a causa di particolari condizioni di salute: le norme, contenute nell'accordo appena sottoscritto, vengono applicate a tutto il personale dell'Area del Comparto (infermieri, operatori socio-sanitari, tecnici, amministrativi) con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, dipendenti dell'Ulss 6 Euganea.

«L'applicazione della normativa con l'introduzione dell'istituto delle ferie solidali costituisce dichiara il direttore generale dell'Ulss 6 Euganea, Domenico Scibetta - un importante strumento a beneficio dei dipendenti bisognosi di giustificativi di assenza in numero superiore a quanto contrattualmente previsto per assistere i figli minori in particolari condizioni di svantaggio, ed è un atto concreto per sollecitare la solidarietà tra colleghi, agevolando comportamenti virtuosi nell'ottica del benessere organizzativo aziendale. I dipendenti sono la nostra risorsa più preziosa e il loro star bene, anche a livello familiare, quindi in senso allargato, per noi è un valore aggiunto sul piano umano, oltre che un obiettivo strategico. La cessione specifica Scibetta - potrà essere trasversale ai ruoli lavorativi, per esempio un infermiere potrà donare le sue ferie a un amministrativo, un tecnico a un operatore socio-sanitario, e viceversa. La nostra intenzione è quella di estendere, in un secondo momento, la possibilità di donare anche alla dirigenza medica».

Operativamente, sarà possibile donare le proprie ferie a partire dal prossimo primo gennaio 2018, in maniera anonima e a titolo gratuito. Per quanto riguarda la «quantità di tempo», ogni lavoratore del comparto potrà cedere i giorni contrattualmente eccedenti il periodo minimo legale di ferie, fissato a 20 o a 24 giorni a seconda dell'articolazione settimanale del lavoro su 5 o 6 giorni, finalizzato a reintegrare le energie psico-fisiche spese durante la prestazione lavorativa.

Rientrano in questa fattispecie, pertanto, le ferie annuali maturate eccedenti rispettivamente 20 o 24 giorni, quelle maturate da un lavoratore che cessa dal rapporto di lavoro in corso d'anno, o al termine di un rapporto a tempo determinato di durata inferiore all'anno. Le giornate «regalate» verranno caricate sul cartellino del dipendente bisognoso. La fruizione delle «ferie solidali» resta vincolata al preventivo complessivo utilizzo di tutte le proprie ferie, i recuperi e i permessi retribuiti previsti dalla normativa vigente.

Tanti i «nonni ri-denti» nelle case di riposo

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Il progetto, partito da Pordenone, viene incontro alle esigenze degli anziani ricoverati

Stefania Lolla

Avere un bel sorriso è un diritto di tutti, anche di chi non può, per cause di forza maggiore, andare regolarmente dal dentista. Questa la motivazione che, alcuni anni fa, ha spinto un odontoiatra di Fontanafredda (Pordenone), il dottor Franco Zilli, e la sua assistente, Virginia Sist, a realizzare un progetto di volontariato per l'assistenza e le cure odontoiatriche di base rivolte agli anziani ospiti della Casa di riposo comunale «Casa Serena» di Pordenone.

«L'idea è nata dalla consapevolezza che spesso le persone che vivono in tali strutture hanno situazioni precarie dal punto di vista odontoiatrico ma, per motivi burocratici, non possono lasciare la loro residenza per sottoporsi a visite dentistiche», spiega il dottor Denis Poletto, dentista a Pordenone e segretario culturale dell'Associazione italiana odontoiatri (Aio), che assieme ad altri colleghi dell'Aio collabora al progetto da qualche tempo. «Così, grazie a una convenzione dell'Azienda sanitaria n° 6 di Pordenone, dell'Aio, del Comune e della onlus Banca del Tempo-Tempo Scambio, è nato il progetto Nonni ri-denti».

In un ambulatorio allestito all'interno di «Casa Serena» ogni due settimane (di solito mercoledì o giovedì mattina) vengono effettuate gratuitamente le seguenti prestazioni: prime visite, visite di controllo, igiene del cavo orale e delle protesi rimovibili, estrazioni dentarie e suture, ribasatura e piccole modifiche delle protesi rimovibili, riparazione e aggiunta di denti alle protesi, marcatura delle protesi rimovibili, cementazione di protesi fisse, prelievi bioptici e cure conservative semplici. Allo scorso ottobre erano già state effettuate 1.100 visite e oltre 2.500 prestazioni.

Dal momento dell'inaugurazione dell'ambulatorio, nel 2009, il progetto «Nonni Ri-denti» ne ha fatta di strada: nel 2015 il servizio è stato esteso agli ospiti di un'altra Casa di riposo, la «Umberto I» di Pordenone, per un totale di 400 persone, e sono stati coinvolte anche le associazioni degli odontotecnici (Antlo) che, su indicazione del medico odontoiatra, riparano le protesi sul momento.

«L'ultima interessante novità riguarda l'obbligo di scrivere il nome del paziente sulla dentiera, in modo che non venga più smarrita, come spesso capita in contesti comunitari in cui vivono persone molto anziane - spiega con orgoglio il dottor Poletto -: ciò garantisce loro non solo una migliore qualità di masticazione, ma soprattutto anche una maggior dignità. Tanto che gli odontoiatri hanno pensato di utilizzare questa strategia anche nei loro studi privati, con i loro pazienti».

Ora l'obiettivo è allestire studi odontoiatrici anche all'interno di altre case di riposo in Italia o attrezzare unità mobili itineranti anche a supporto della Protezione civile.

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